“Secondo l’articolo di Valigia blu”
Richieste inopportune, palpeggiamenti durante le lezioni, confidenze a sfondo sessuale. Sono alcuni dei comportamenti denunciati da studentesse dell’Università di Pavia nei confronti di un docente del Policlinico San Matteo, allora direttore della scuola di specialità. Le accuse, raccolte nel 2020 attraverso un questionario anonimo, hanno fatto scattare le indagini giudiziarie: oggi l’insegnante rischia il rinvio a giudizio per violenza sessuale. All’epoca, però, l’ateneo archiviò il procedimento disciplinare aperto.
Il caso ha riportato al centro dell’attenzione pubblica la questione delle molestie sessuali negli ambienti universitari italiani. Episodi simili sono stati segnalati anche all’Università di Torino, dove associazioni e collettivi studenteschi hanno organizzato proteste e contestazioni contro la gestione ritenuta troppo debole del problema.
Le tensioni non risparmiano neppure Roma. Alla Sapienza, la rettrice Antonella Polimeni è finita sotto accusa dopo aver dichiarato in Parlamento che i casi ufficialmente registrati nel 2023 sono stati 13. Secondo il sindacato Sinistra Universitaria, invece, sarebbero almeno 160. Una discrepanza che ha acceso nuove mobilitazioni e azioni di protesta.
I numeri diffusi dall’UDU (Unione degli Universitari) confermano un fenomeno diffuso. Nel sondaggio “La tua voce conta”, presentato alla Camera dei Deputati l’8 marzo, il 34,5% degli studenti intervistati ha dichiarato di aver sentito parlare di molestie nel proprio ateneo, mentre un quinto non considera l’università un luogo sicuro. Gli spazi ritenuti più a rischio sono gli studi dei docenti (37%), i luoghi di tirocinio (34,7%) e gli studentati (32%).
“Le università italiane non sono ambienti sicuri – afferma Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’UDU –. Le denunce restano spesso senza seguito e molte studentesse si trovano costrette a scegliere tra il percorso accademico e la propria serenità. È un problema sistemico che mina il diritto allo studio”.
All’interno della Sapienza, per esempio, è stata istituita la figura della Consigliera di fiducia, che offre consulenza e supporto alle vittime. Ma secondo i dati diffusi dagli stessi studenti, la maggior parte degli iscritti non conosce né questo servizio né l’esistenza di centri antiviolenza collegati agli atenei.
Il quadro che emerge è quello di università divise tra l’impegno istituzionale e la sfiducia diffusa degli studenti. Un contrasto che alimenta tensioni e che mostra quanto il tema delle molestie sessuali continui a rappresentare una ferita aperta per l’intero sistema accademico italiano.
Leggi l’articolo completo su Valigia blu: Denunce e silenzi: le molestie sessuali nell’ambiente universitario italiano – Valigia Blu
Marta
È assurdo che nel 2025 si parli ancora di molestie negli atenei. L’università dovrebbe essere un luogo sicuro per studiare, non un posto dove avere paura.
Giovanni
Ho studiato anni a Torino e purtroppo posso confermare che certi atteggiamenti erano diffusi. Nessuno voleva denunciare per paura di ritorsioni.
Chiara
Il problema è che gli atenei pensano più all’immagine che alla tutela delle studentesse. Serve più trasparenza e regole chiare.
Luca
Sondaggi e numeri a parte, la verità è che spesso le ragazze non si sentono protette. E questo è gravissimo.
Francesca
Se davvero un primario si è comportato così, deve essere radiato subito. Non è ammissibile insabbiare tutto.
Alessandro
Non demonizziamo tutti i docenti. Ma è chiaro che quando le denunce vengono archiviate, si alimenta solo il silenzio.
Elena
Le università parlano di uguaglianza, ma poi i dati raccontano un’altra storia. È ipocrisia pura.
Matteo
Finalmente gli studenti si mobilitano, era ora che questo tema uscisse allo scoperto.