Secondo quanto riportato da L’Espresso
Negli ultimi anni il panorama universitario italiano è stato trasformato dall’avanzata degli atenei telematici. Una crescita impressionante, spesso giustificata con la necessità di ampliare il diritto allo studio, ma che solleva dubbi profondi sulla qualità dell’insegnamento. Non è un’accusa ideologica, bensì un dato documentato da inchieste giornalistiche – come quelle de La Repubblica (“La fabbrica delle lauree facili”) e di Report (“Il pezzo di carta”) – e da analisi pubblicate da testate come L’Espresso.
Tra il 2011/12 e il 2021/22, gli iscritti complessivi alle università italiane sono aumentati di oltre 180 mila unità (+10%). Ma il vero exploit è avvenuto negli atenei digitali: da 44 mila studenti si è passati a 224 mila, con un incremento del 410%, trainato in particolare dagli anni della pandemia. Parallelamente, anche l’offerta formativa si è ampliata: secondo l’Anvur, i corsi online sono più che raddoppiati, soprattutto nei settori economico, giuridico, sociale e STEM.
Università tradizionali vs telematiche
Mentre le università in presenza hanno puntato a riportare studenti e docenti in aula, quelle online hanno attratto sempre più iscritti grazie alla flessibilità. Oggi quasi il 12% degli universitari frequenta un ateneo telematico, riconosciuto ufficialmente dal Mur.
Il modello e-learning richiede la presenza solo per esami e tesi, riducendo così i costi e il tempo necessario allo studio.
I protagonisti del settore
Tra gli atenei più noti troviamo eCampus, fondato da Francesco Polidori; la Niccolò Cusano, legata a Stefano Bandecchi, e il gruppo Multiversity (Pegaso, Mercatorum, San Raffaele), controllato dal fondo CVC.
Questi istituti hanno consolidato la loro posizione grazie a campagne di marketing aggressive e a rapporti con il mondo politico ed economico.
Il nodo dei docenti
Il vero punto critico resta il rapporto tra studenti e professori. Nelle università tradizionali c’è un docente ogni 28 studenti. Nelle telematiche, invece, un docente segue in media 385 iscritti.
Un divario enorme che pesa sulla qualità della didattica e sull’interazione tra professori e studenti.
Le preoccupazioni dei sindacati
La Flc Cgil, nel rapporto Il piano inclinato, denuncia una deriva pericolosa. Il rischio è trasformare l’università in un’azienda orientata al profitto, con precarietà per il personale e riduzione della libertà di ricerca.
Valutazioni e controlli
I giudizi dell’Anvur confermano la situazione: solo l’Uninettuno ha ottenuto una valutazione “pienamente soddisfacente”. La maggior parte degli atenei online si ferma a “soddisfacente”, mentre due hanno ricevuto un giudizio “condizionato”.
Al contrario, gli 80 atenei tradizionali mostrano risultati mediamente superiori.
Nuove regole in arrivo
Il decreto 1154/2021 impone agli atenei telematici di allineare entro il 2024 il rapporto docenti-studenti agli standard delle università tradizionali. La Lega ha tentato di rinviare l’obbligo, ma il Ministero ha confermato la scadenza.
Si è aperto anche un tavolo parlamentare per valutare il modello degli altri Paesi e proporre nuove soluzioni.
Quale futuro per l’università?
Garantire il diritto allo studio non significa solo ridurre i costi dei corsi. Significa anche offrire borse di studio, alloggi, trasporti e servizi agli studenti.
Delegare ai privati l’espansione del sistema universitario rischia di creare un’istruzione a due velocità: numeri record da una parte, qualità carente dall’altra.
Leggi l’articolo completo su L’Espresso: Il grande affare delle università telematiche: milioni di iscritti a spese della qualità | L’Espresso